20 maggio 1990, il Black Sunday palestinese: il massacro di ‘Ayoun Qara

20 maggio 1990, il Black Sunday palestinese: il massacro di ‘Ayoun Qara

Il massacro di ‘Ayoun Qara: il Black Sunday palestinese

Alba del 20 maggio 1990. Il sole non era sorto ancora.
‘Abdel Rahim, Ziyad, Zayid, Suleiman, Omar, Zaky e Yousef presero i loro piccoli zaini con dentro del pane, pomodori e sardine e salutarono i propri cari.
Il campo profughi era ancora avvolto nel buio e, a quell’ora, erano vuote e silenziose le sue viuzze.

I bambini probabilmente erano immersi nei sogni. Sognavano di giocare e di colorare i libri che i papà avrebbero portato loro al ritorno da lavoro.
Le donne dormivano sognando l’anello nuziale che avrebbero ricevuto dai fidanzati.
Le mogli, sedute ad accudire i sogni dei più piccoli, speravano che i propri mariti portassero della carne così da poter preparare un pasto dignitoso per tutta la famiglia.
Le madri, sedute al buio, guardavano i propri figli andare al lavoro, e pregavano che arrivassero a destinazione in tutta sicurezza, che quel giorno potessero trovare un lavoro, guaradnare qualcosa e riuscire a riparare la crepa sul tetto di casa prima dell’arrivo dell’inverno. Pregavano affinché ritornassero a casa sani e salvi.

Le strade e i vicoli del campo erano vuoti e silenziosi, si potevano udire solo i soldati d’occupazione israeliani in marcia, in pattugliamento nei campi profughi – prigioni a cielo aperto – tenendo in ostaggio e opprimendo la popolazione palestinese.
Le strade e i vicoli del campo erano vuoti e silenziosi, si potevano udire i passi degli operai palestinesi che all’alba si recavano al lavoro, nella speranza di trovare qualcosa da fare, quel giorno, mentre il loro pensiero andava ai propri bambini, alle madri, alle mogli, alle fidanzate. La loro speranza era di riuscire a portare loro un giocattolo e libri da colorare, cibo, un anello e denaro a sufficienza per riparare la crepa sul tetto di casa prima dell’arrivo dell’inverno.

‘Abdel Rahim, Ziyad, Zayid, Suleiman, Omar, Zaky e Yousef erano rifugiati; le loro famiglie furono espulse dai villaggi originari durante la Nakba (1948) dalle bande terroriste sioniste.

‘Abdel Rahim, Ziyad, Zayid, Suleiman, Omar, Zaky e Yousef furono resi profughi dai colonizzatori sionisti che fecero pulizia etnica nei villaggi palestinesi, demolendoli e cancellandoli dalla loro artificiale mappa.

‘Abdel Rahim, Ziyad, Zayid, Suleiman, Omar, Zaky e Yousef erano originari di villaggi palestinesi un tempo prosperi. Venivano da case bellissime con davanzali decorati con fiori, terre fertili e verdi tutto l’anno. Uliveti e alberi di mele, aranceti e vigneti.
Il popolo originario della Palestina fu espulso dal proprio Paese, costretto a vivere ammassato in bugigattoli mentre i colonizzatori sionisti iniziavano a prosperare e a vivere nelle case palestinesi derubate, sulla terra defraudata.

La Nakba, la Catastrofe del popolo palestinese, continua e pare non esserci fine all’ingiustizia. Per poter sfamare i propri cari, come migliaia di altri palestinesi,  ‘Abdel Rahim, Ziyad, Zayid, Suleiman, Omar, Zaky e Yousef erano costretti a lavorare in regime di schiavitù al servizio dei predatori israeliani, coloro che avevo sottratto loro casa e terra. Erano obbligati a lavorare per i sionisti, per chi li aveva resi profughi.

Quella mattina, ‘Abdel Rahim, Ziyad, Zayid, Suleiman, Omar, Zaky e Yousef, insieme a più di 100 operai palestinesi della Striscia di Gaza, erano fermi alla fermata dell’autobus di ‘Aiun Qara, per poter raggiungere il posto di lavoro.

Ami Popper, soldato d’occupazione israeliano proveniente dal vicino insediamento sionista di Rishon Lezion, fermò i palestinesi e chiese loro di esporre il documento d’identità.

Dopo essersi accertato che fossero tutti palestinesi, Popper ordinò loro di disporsi in tre file e di mettersi in ginocchio. Fu allora che si consumò il massacro di ‘Abdel Rahim, Ziyad, Zayid, Suleiman, Omar, Zaky e Yousef.

Popper compì una vera e propria esecuzione. Aprì il fuoco del suo M16 assassinando 7 operai palestinesi e ferendo gli altri.

Dalle loro macchine, i sionisti passavano indifferenti davanti alla scena, dove i palestinesi giacevano per terra in una pozza di sangue. Anzi, gli israeliani scagliarono contro i palestinesi gli zaini con il cibo e continuarono a guidare.
Guidavano senza prestare attenzione al lamento e al pianto degli operai palestinesi.

Quando sulla scena arrivarono le ambulanze e la polizia israeliana, sette palestinesi erano morti e, anziché fornire soccorso ai feriti, gli israeliani presero a batterli. Li picchiarono.

Come tutti i massacri commessi dai sionisti, il governo israeliano si affrettò a dichiarare Popper “uno squilibrato” inscenando un processo farsa, condannandolo dapprima a 7 ergastoli – che nel 1997 una corte israeliana ridurrà a 40 anni di reclusione. Stessa riduzione della pena per altri 4 terroristi sionisti.
Popper gode di “trattamento speciale” in carcere dove gli è stato permesso di contrarre matrimonio. Oggi ha tre figli e ha una licenza di uscita di 48 ore.

‘Abdel Rahim, Ziyad, Zayid, Suleiman, Omar, Zaky e Yousef erano operai palestinesi e provenivano dalla Striscia di Gaza. Come tutti gli operai palestinesi, anch’essi si svegliavano ogni mattina per inziare un nuovo giorno, pieno di rinnovata speranza e con la forze sempre nuova di affrontare e sconfiggere l’occupazione sionista, l’oppressione e l’assedio imposti dal terrore sionista.

Come tutti gli operai palestinesi, anch’essi andavano a lavoro per assicurare ai loro bambini cibo, un tetto, istruzione e un futuro libero dall’occupazione sionista.
La mattina del 20 maggio 1990, si svegliarono all’alba per andare a lavorare, per comprare giocattoli, libri da colorare e cibo per i propri cari.

Era domenica quel 20 maggio 1990, il Black Sunday palestinese, quando ‘Abdel Rahim, Ziyad, Zayid, Suleiman, Omar, Zaky e Yousef non arrivarono mai a lavoro perché fuono massacrati dai terroristi sionisti, furono assassinati a sangue freddo da un soldato dell’occupazione israeliana, membro dell’esercito “più morale al mondo”.

Furono massacrati, il loro sangue versato, i loro sogni infranti, le loro vite recise brutalmente da un’entità terrorista che supporta, incoraggia e che fu costituita sul terrore.

In quel Black Sunday, ‘Abdel Rahim, Ziyad, Zayid, Suleiman, Omar, Zaky e Yousef non fecero ritorno a casa con giocattoli, libri da colorare, carne, anelli, né con la promessa di riparare la crepa sul tetto.

Essi tornarono dalle loro madri, mogli, bambini e fidanzate che li attendevano, ma tornarono sulle spalle dei loro padri, figli, fratelli e compagni.

Essi fecero ritorno dalle loro madri, mogli, bambini e fidanzate zuppi di sangue.

Essi tornarono dalle loro madri, mogli, bambini e fidanzate in veste di promessi sposi della Palestina.

I martiri palestinesi del massacro di ‘Ayoun Qarra:


‘Abdel Rahim Mohammad Salim Baraka, 43 anni, Khan Younis

Ziyad Mousa Mohammed Swe’id, 22 anni, Rafah

Zayid Zeidan ‘Abdel Hamid al-‘Amur, 33 anni, Khan Younis

Suleiman ‘Abdel Razeq Mohammed Abu ‘Anza, 22 anni, Khan Younis


Omar Hamad Ahmed Dahlees, 27 anni, Rafah

Zaky Mohammed Hamdan Qdeh, 35 anni, Khan Younis

Yousef Ibrahim Mansour Abu Daqqa, 36 anni, Khan Younis

Ma in seguito al Black Sunday palestinese, Israele si macchiò di altri massacri quando assassinò 6 palestinesi tra coloro che scesero in strada a protestare per quanto era accaduto a ‘Ayoun Qara. Nella repressione della rabbia dei palestinesi, le forze d’occupazione israeliane assassinarono:

Iyad Isma’il ‘Abdallah Saqir, 17 anni, Rafah

Shifa’ Naim ‘Ali al-Hummus, 23 anni, Rafah


Mousa Ibrahim ‘Abdel Halim Hassounah, 27 anni, ash-Shati’

‘Ali Mahmud Mohammed az-Za’amrah, 21 anni, Halhoul (al-Khalil/Hebron)


Husam ‘Abdel Rahman ‘Abdallah Nazzal, 14 anni, Qabatia (Jenin)

Wa’el Mohammed Ibrahim al-Badrasawi, 22 anni, ash-Shati’

 

http://avoicefrompalestine.wordpress.com/2012/05/20/the-black-sunday-of-palestine-oyoun-qarra-massacre-20-05-1990/#more-4515